CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI DEI MINORI: il caso TikTok in Italia
27/02/2021
I recenti fatti di cronaca, hanno posto l’attenzione sull’utilizzo dei social tra i minori e nello specifico tra gli infraquattordicenni.
I social network prevedono peculiari limiti di età per l’iscrizione, tuttavia limiti facilmente aggirabili che denotano una scarsa attenzione alla tutela del pianeta infanzia.
Il Garante privacy, allo scopo di tutelare i minori, ha iniziato ad introdurre una serie di misure volte a disincentivare l’utilizzo dei social tra i minori di anni quattordici.
La normativa europea che ci soccorre, la si rinviene nel Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali (GDPR – 2016/679), secondo il quale, per ciò che concerne l’offerta di servizi della società dell’informazione, il trattamento di dati personali del minore, è lecito ove quest’ultimo abbia almeno 16 anni. È data possibilità agli Stati membri di stabilire anche un’età inferiore, purché questa non vada al di sotto dei 13 anni. Qualora, però, si tratti di questa specifica fascia di età, 13-16, il trattamento è lecito solo se il consenso è prestato o autorizzato da colui che esercita la responsabilità genitoriale.
L’Italia, nell’adeguarsi alla normativa europea, ha stabilito quale limite di età gli anni 14. Nonostante questa regolamentazione, tutte le informazioni sulla privacy, rivolte a questa fascia di utenti, devono essere fornite con linguaggi chiari, semplici ed esaustivi. Va da sé che qualora un minore di anni 14 debba fornire i propri dati personali, il relativo consenso al trattamento debba, dunque, essere prestato dal genitore.
L’età minima per l’iscrizione ai social network è di 13 anni.
L’app che ha riscosso un successo inaspettato, anche sul territorio italiano, è TikTok: un social network che contiene brevi video musicali, creati e caricati dagli utenti. La fascia che predilige quest’applicazione è proprio quella degli adolescenti; 7 utenti su 10 hanno un’età compresa tra i 13 e i 24 anni. Come accennato, anche i minori di 13 anni, eludendo i sistemi di autenticazione, sono riusciti ad iscriversi con facilità, ritrovandosi in un mondo che spesso, se non controllato e filtrato da un adulto, può avere risvolti imprevedibili.
Il Garante per la protezione dei dati personali, nello scorso dicembre, ha contestato a TikTok una serie di violazioni tra le quali la scarsa attenzione alla tutela dei minori, la facilità con la quale si può aggirare il divieto di iscrizione ai più piccoli, nonché la poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni che vengono rese agli utenti. Il procedimento è tuttora pendente, ma dopo i fatti di cronaca avvenuti in Italia, il Garante privacy ha sollecitato la questione ed ha disposto un blocco nazionale.
Il 9 febbraio scorso, infatti, TikTok ha bloccato tutti gli utenti italiani, chiedendo di indicare nuovamente la propria data di nascita per poter continuare ad utilizzare l’app. Coloro che hanno dichiarato di avere meno di 13 sono stati immediatamente rimossi. In più, essendo concreta la possibilità che qualcuno dichiari un’età differente, il social ha inserito nuovi sistemi di controllo. Insieme ad una serie di campagne di sensibilizzazione rivolte ai genitori e di riflesso ai loro figli, è stato predisposto un sistema di intelligenza artificiale atto a verificare l’autenticità dei dati forniti, prevedendo l’immediata cancellazione in caso di anomalie.
Ma se per la disciplina italiana, in materia di privacy, l’età minima per prestare il consenso al trattamento dei dati è di anni 14 anni, ci si chiede come venga gestita dall’app l’autorizzazione al trattamento dei dati di quei minori tredicenni, ai quali è sì consentito di scaricare e utilizzare l’app dichiarando la loro reale età anagrafica, ma che, di contro, non è permesso loro di prestare il consenso al trattamento dei dati, non avendo ancora compiuto il quattordicesimo anno di età. Saranno i genitori a prestare il consenso per loro? Anche qualora avvenisse ciò, quale strumento di controllo ci è fornito per riscontrare la veridicità dell’autenticazione?
Sebbene ancora siano tanti i quesiti e sia evidente la presenza di molte perplessità, lo stato italiano, seppur sollecitato da eventi tragici, ha iniziato ad occuparsi della problematica ed ha intrapreso una campagna di denuncia del fenomeno; lo stesso, invece, non può dirsi per i restanti paesi dell’Europa, dove i conseguenziali impegni assunti in Italia da TikTok non trovano ancora applicazione. Il controllo sui giovani adolescenti risulta troppo carente, se non addirittura inesistente.
Si auspica, dunque, l’intervento tempestivo del Garante europeo della privacy, che possa stimolare l’adozione di misure analoghe a quelle italiane anche in Europa, dove per una volta l’Italia andrebbe a fare da apripista, dimostrando, in questo modo, una maggiore attenzione e sensibilità della nazione ai temi dell’infanzia.